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San Giuseppe Marello Vescovo – 30 maggio

 San Giuseppe Marello Vescovo

30 maggio

Torino, 26 dicembre 1846 – Savona, 30 maggio 1895

Giuseppe Marello nacque a Torino il 26 dicembre 1846, dove suo padre gestiva un negozio ed era amico di don Giuseppe Cottolengo al quale regalava lenzuola per gli ospiti della «Piccola Casa». A dodici anni andò in pellegrinaggio al Santuario della Misericordia di Savona e qui, nella cripta davanti all’altare di Maria riconobbe la sua vocazione. Fu ordinato sacerdote nel 1868 ad Asti dal vescovo Carlo Savio che lo nominò suo segretario. Diventato vescovo di Acqui nel 1872, partecipò ai lavori del Concilio Vaticano I e si sentì particolarmente felice per la proclamazione di san Giuseppe a patrono della Chiesa universale. A lui si ispirò per gli Oblati di San Giuseppe, congregazione religiosa che sorse nel 1878. Sin dagli inizi del suo sacerdozio aveva intuito i bisogni della gioventù e dei poveri. Ai suoi preti chiedeva di essere «certosini in casa, apostoli fuori». Morì, quasi cinquantenne, a Savona il 30 maggio 1895. È santo dal 2001. (Avvenire)

Emblema: Mitra, Pastorale, Croce pettorale

Martirologio Romano: A Savona, transito di san Giuseppe Marello, vescovo di Acqui in Piemonte, fondatore della Congregazione degli Oblati di San Giuseppe per l’educazione morale e cristiana della gioventù.

Era nato il 26 dicembre 1844 a Torino, dove suo padre, originario di San Martino Alfieri (Asti) gestiva un negozio ed era stato amico di Don Giuseppe Cottolengo al quale regalava le lenzuola per gli ospiti della “Piccola Casa”. Battezzato con il nome di Giuseppe nella chiesa del Corpus Domini, a quattro anni era già orfano di mamma.

Il papà lo riportò, con l’altro figlioletto, Vittorio, ancora più piccolo, a San Martino Alfieri, dove vivevano i nonni. Lì, nella sua bella casa, sui colli astigiani, a un passo dal fiume Tanaro, bello come un nastro d’argento tra il verde delle vigne e dei prati, Giuseppe Marello crebbe, ragazzo intelligente e generoso, chierichetto assiduo e già catechista in mezzo ai compagni, sovente, più piccoli di lui.

Al centro della sua esistenza già c’era un grande Amore: Gesù.

Giovane appassionato

A 12 anni, si recò in pellegrinaggio al Santuario della Madonna della Misericordia, presso Savona: davanti all’altare di Maria, nella penombra della cripta, si sentì chiamato da Dio a farsi sacerdote. Il 31 ottobre 1856, entrò nel Seminario di Asti. Si rivelò ai compagni e ai superiori come un ragazzo straordinario.

Purtroppo, nella primavera del 1859, a causa della seconda guerra d’indipendenza, il Seminario diventò una caserma. I chierici furono dispersi. La vita si fece difficile per molti di loro. Giuseppe sentì il dubbio invadergli il cuore: “Devo continuare? Sarò prete o laico impegnato nel mondo?”. A 18 anni, uscì dal Seminario e intraprese gli studi da geometra a Torino.

Nella capitale subalpina, provò il fascino dell’impegno sociale e politico e fu impressionato dagli uomini illustri del tempo: Cavour, Garibaldi, Mazzini che sembravano conquistare il mondo con le forze della ragione senza Cristo e contro la Chiesa… Tutto in quell’ora sembrava loro favorevole.

Ma Giuseppe, segnato anche dalla malattia e affidatosi alla Madonna, intuì che quel mondo “incantatore” poteva essere salvato solo da Gesù Cristo. Rientrò in Seminario, deciso: “Sarò prete, solo prete”. Don Michele Rua, che aveva sentito parlare di lui dai compagni del Seminario di Asti e che Don Bosco aveva accolto all’oratorio di Valdocco nei mesi della loro dispersione, aveva definito il Marello, “il migliore”, anche se purtroppo non era con loro.

In Seminario, ad Asti, Marello approfondì gli studi teologici accostando anche i più grandi pensatori cattolici: Pascal, Chateaubriand, Manzoni, Lacordaire. Nella preghiera intensa, si faceva ogni giorno di più una cosa sola con il Signore Gesù. Il 19 settembre 1868, nella cattedrale di Asti, è ordinato sacerdote, dal Vescovo diocesano Carlo Savio, che lo tiene con sé come segretario.

Don Giuseppe non si limita a essere un buon curiale, ma si dedica, quale vero apostolo, alle confessioni, al catechismo in mezzo ai ragazzi, al servizio dei più poveri. Percorre tutta la diocesi con il suo Vescovo in visita pastorale, rendendosi conto delle necessità dei confratelli sacerdoti e delle popolazioni.

Nel 1869-70, partecipa con il suo Vescovo al Concilio Vaticano I, a Roma, dove incontra più volte il santo Papa Pio IX, e il Card. Pecci, futuro Papa Leone XIII. È guardato con simpatia e ammirato da molti Vescovi di tutta la Chiesa. Da quello di Pechino a quello di L’Avana! Il Card. Pecci non lo dimenticherà più. Lui si apre alle dimensioni della Chiesa e del mondo, felice che il Concilio si chiuda con la definizione che il Papa come maestro della fede, è infallibile (18 luglio 1870).

Padre dei poveri e fondatore

Al ritorno in Asti, nell’estate del 1870, Don Marello intuisce che Dio lo chiama a qualcosa di nuovo e di grande. In Piemonte, dopo il 1855, e in Italia dopo il 1866, in seguito alle inique leggi di Cavour e di Rattazzi, gli istituti religiosi erano stati chiusi. I frati e le suore dispersi. I loro beni confiscati dallo Stato. Ma Dio se la ride dei potenti anche se hanno un alto pennacchio sul cappello.

Proprio in quegli anni a Torino, dove era iniziata l’offesa alla Chiesa, Dio suscita uomini come Don Cafasso, il Cottolengo, Don Bosco, Don Faà di Bruno e Don Murialdo, che danno inizio a nuove e grandi Famiglie religiose. Ad Asti, guardando al loro esempio, Don Marello fa la stessa cosa sognando di ripristinare la vita consacrata resa difficile e rara dalle leggi oppressive dello Stato.

Il 14 marzo 1878, all’Istituto Michelerio di Asti, dà vita con quattro giovani alla “Compagnia di San Giuseppe”: un’umile Famiglia di Fratelli, laici consacrati, dediti al catechismo e alla collaborazione con i parroci. Ma quasi subito gli arrivano giovani già orientati al sacerdozio: Giorgio Medico, Giovanni Cortona, Enrico Carandino. Nascono così gli Oblati di San Giuseppe (i Giuseppini di Asti).

Non gli mancano le difficoltà, ma spesso trova luce in incontri segreti con Don Bosco, presso la chiesetta della Madonnina di Villanova d’Asti. Don Bosco lo incoraggia e gli dà il diploma di cooperatore salesiano. Nel 1883, Don Marello riscatta in corso Alfieri il monastero di Santa Chiara che diventa la sede della sua comunità e delle sue opere: la congregazione nascente, l’ospizio per gli anziani e i malati, gli orfani, le sue scuole.

Egli stesso, che è diventato direttore spirituale in Seminario e Canonico della cattedrale, va a vivere con i suoi “Figli” tra i poveri di San Chiara. Qualcuno, ammirandolo o commiserandolo, commenta: “Il Canonico Marello poteva essere qualcuno, invece si è seppellito tra i cronici”. Ma lui è un prete che pensa solo “a curare gli interessi di Gesù”, come aveva fatto San Giuseppe di Nazareth, che gli appare come modello di silenzio e di preghiera, di relazione intima con Gesù, di servizio alla sua causa, di dono ai più poveri.

Ispirandosi a San Giuseppe, Don Marello diventa sempre più un “altro Cristo”, così come deve essere il prete. Ed è diventato il padre dei poveri e il fondatore di una nuova Congregazione. Ad Asti, e ovunque è conosciuto, lo chiamano “il Canonico buono” e più ancora lo chiamano “Il Padre”, il nome più bello che davvero gli spetti.

Nell’autunno del 1888, gli giunge la nomina a Vescovo di Acqui. Leone XIII si è ricordato di lui e lo chiama a diventare successore degli Apostoli. Consacrato Vescovo a Roma, Mons. Giuseppe Marello il 10 giugno 1889 entra in Acqui: fin dal primo giorno, tutti vedono in lui l’immagine di Gesù buon Pastore. Ancora semplice sacerdote ad Asti, si era occupato con cura assidua delle vocazioni sacerdotali e religiose. Dalla sua direzione spirituale nel Seminario di Asti erano usciti uomini come Don Giuseppe Gamba, futuro Cardinale Arcivescovo di Torino, e decine e decine di sacerdoti santi e apostoli.

In Acqui, il giovane Vescovo mite e umile di cuore, si preoccupa di far conoscere e amare la Verità del Vangelo, di essere, con i suoi sacerdoti e con il suo popolo, un cuore solo e un’anima sola attorno a Cristo, per portare la sua luce e la sua salvezza a tutti. Senza risparmiarsi, nonostante la salute già fragile, percorre tutta la diocesi, fino nei luoghi più sperduti, trovando alimento e coraggio alla sua azione pastorale nell’affezione a Maria Santissima e nella preghiera intensa come quella dei monaci e degli eremiti.

Attento ai problemi gravi del suo tempo, Mons. Marello presenta Gesù come l’unica risposta all’uomo che cerca e si interroga come costruire la vita della società. Le sue lettere pastorali sono capolavori di direttive per l’evangelizzazione, non solo per il suo tempo, ma anche per il nostro, sui grandi temi dell’educazione cristiana dei giovani, del catechismo, della testimonianza dell’apostolato cattolico e delle missioni.

Si preoccupa della formazione di un valido laicato cattolico per rendere presente Cristo nella famiglia, nel lavoro, nella scuola, nel sindacato, nell’azione sociale. Proprio per questo partecipa al Congresso dei Cattolici a Genova tra il 4 e l’8 ottobre 1892, con la presenza dei leader dei cattolici italiani, G. B. Paganuzzi, Giuseppe Toniolo e Medolago Albani. Nei suoi anni di episcopato ad Acqui nascono le prime associazioni laicali, ma Mons. Marello non può vederne la fioritura.

Andato a Savona per le feste del terzo centenario di San Filippo Neri, nel maggio 1859, celebra la sua ultima Messa nel Santuario della Madonna della Misericordia, proprio là dove era iniziata la sua avventura sacerdotale. Il 30 maggio 1895, nel vescovado di Savona, si spegne improvvisamente a soli 50 anni di età, tra il pianto dei suoi diocesani e dei suoi “Figli”, i Giuseppini di Asti.

Il Papa Leone XIII lo aveva definito, lui presente, tra migliaia di pellegrini in San Pietro a Roma nel 1891, “una perla di Vescovo”. Oggi questa perla risplende in tutta la Chiesa: il 26 settembre 1993, il Papa Giovanni Paolo II, in visita pastorale ad Asti lo ha beatificato. E a soli otto anni di distanza, riconosciuto il miracolo della guarigione di due bambini peruviani da gravissima malattia, il 25 novembre 2001, in San Pietro a Roma, lo ha iscritto tra i santi.

Come Giuseppe di Nazareth, San Giuseppe Marello è l’apostolo di una sola grande Parola, il Verbo stesso di Dio incarnato e sacrificato per noi.

“Gesù, solo Gesù”, amava ripetere, e soltanto con Lui, Gesù, unico Salvatore, il mondo può essere salvato e, anche nelle ore più buie, trasalire di gioia.